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Appunti del 20 Marzo

IrDA

Avevamo già introdotto lo standard IrDA (InfraRed Data Association) nella scorsa lezione, e avevamo detto che si tratta di un semplice protocollo wireless basato su infrarosso.
Qualche dettaglio sulla trasmissione:

  • trasmettitore e ricevitore che comunicano in IrDA devono essere posizionati in condizioni di visibilità reciproca (Line of Sight), o non riusciranno a verdersi. E' vero che in alcuni casi il segnale può rimbalzare, soprattutto se il trasmettitore è piuttosto potente, ma in generale la luce va sempre per linee rette;
  • la trasmissione sull'infrarosso non attraversa nullo di solido, nemmeno tessuti spessi, forse al limite dei tessuti leggeri (un lenzuolo forse, una coperta di lana improbabile, un muro no per certo);
  • anche l'attraversamento di un vetro potrebbe pregiudicare la trasmissione, perché devia i fasci di luce;
  • sulle velocità il protocollo è molto variabile (vedremo meglio poi). I Giapponesi si sono affannati molto ad aumentare le velocità di trasmissione, ma per gli usi normali che si fanno dell'IrDA velocità come quelle seriali sono più che sufficienti (19200 bps è già troppo per il nostro telecomando, che nel peggiore dei casi dovrà inviare una trama di neanche 10byte);
  • è soggetto all'interferenza di altri emettitori luminosi (come neon, lampade, sistemi antincendio, ...), ma non risente nè produce inquinamento radio;
  • i trasmettitori consumer trasmettono con angolazioni fino a 15°, meno no, o dovrei avere abilità di puntamento da cecchino per riuscire a cambiare canali. Ovviamente ci sono altri trasmettitori con un costo maggiore (non giustificabile per un telecomando TV) che riescono a trasmettere con angoli più ampi, fino a 35°-40°.

Standard IrDA

Come abbiamo anticipato, sono stati definiti negli anni molti standard, sempre più performanti (sul sito www.irda.org ci sono tutti), tra cui citiamo:

  • SIR (Serial InfraRed), che trasmette con le velocità tipiche di una seriale: dai 9600 bps ai 115,2 Kbps. La sincronizzazione tra i dispositivi avviene alla velocità minima, che poi aumenterà nel resto della trasmissione. Il 90% dei dispositivi IrDA usati nel mondo è di questo primo tipo; inoltre si può dire che tutto ciò che è consumer è SIR;
  • MIR (Medium InfraRed), che arriva fino ai 1,152 Mbps;
  • FIR (Fast Infrared), che arriva fino ai 4 Mbps;
  • VFIR (Very Fast Infrared), che arriva ai 16 Mbps;
  • UFIR (Ultra Fast Infrared), che arriva ai 100 Mbps;

Ipse dixit:
"

  • ...Staminchia Fast Infrared.

"

Tutti gli altri protocolli venuti dopo il SIR sono dialetti IrDA che hanno sì velocità sempre più alte (fino al Gigabit per secondo), ma con impieghi dubbi e comunque difficili da trovare: ricordiamo che con l'infrarosso i dispositivi possono essere a massimo 1-2 metri di distanza, e si tratta di un vincolo non da poco. Appena è arrivato il bluetooth l'IrDA si è trovato immediatamente spiantato.

Livelli IrDA

Dei vari protocolli che orbitano attorno lo standard IrDA è possibile fare una sorta di pila ISO/OSI ridotta, con circa quattro livelli (il "circa" si capirà meglio poi). Di questi, i primi tre che vedremo sono obbligatori, gli altri facoltativi e alternativi.


Stack IrDA

Il primo livello è quello fisico, quello più basso, e corrisponde al protocollo IrPHY (InfraRed Physical Layer Specification). Le sue caratteristiche sono tutte quelle che ci siamo raccontati finora, e che riassumiamo nel seguente punto elenco:

  • distanza di trasmissione: 1 m (standard), 0,3 m (in condizioni di basso consumo), 0,2 m (tra due dispositivi in condizioni di basso consumo). La distanza di trasmissione ideale è compresa tra 5 e 60 cm con il ricevente al centro del cono;
  • angolo di trasmissione: cono minimo di ±15°;
  • velocità: da 2.4 Kbps a 16 Mbps;
  • modulazione: banda di base, nessuna portante;
  • comunicazione in modalità half-duplex, in quanto l'apparecchio trasmittente è accecato durante la trasmissione dalla luce emessa dal proprio trasmettitore. I due apparecchi possono, tuttavia, simulare una comunicazione full-duplex alternando rapidamente la trasmissione dei dati;
  • finestra delle frequenze: infrarosso (1~430 THz).
  • lunghezza d'onda: 875±30 nm
  • frequenza: 342±11 THz

Il secondo livello obbligatorio è l' IrLAP (InfraRed Link Access Protocol), che si pone sopra quello fisico e rappresenta il livello datalink del modello ISO/OSI. Tra gli aspetti di cui si occupa vi sono: l'autenticazione, il rilevamento di altri dispositivi di comunicazione, lo stabilimento di una connessione bidirezionale, la negoziazione del ruolo dei dispositivi (master e slave, i primi che controllano e abilitano altri dispositivi al trasferimento, e i secondi che dipendono dai master). Si tratta quindi di un livello datalink molto semplificato, molto banale, ma allo stesso tempo essenziale. Quando l'IrDA è stato integrato nei PC ci si è subito preoccupati di integrare le funzioni di autenticazione con il sistema operativo, perché poteva rappresentare un cavallo di troia per entrare nel computer. E' chiaro che un livello di autenticazione su un telecomando non è necessario: degli utenti malevoli che mi attaccano il telecomando è quanto meno fantasioso.

Il livello tre è l' IrLMP (InfraRed Link Management Protocol), l'ultimo dei protocolli obbligatori perché lo standard sia conforme alla definizione IrDA. Lo possiamo distinguere in due parti:

  • LM-MUX (Link Manangement Multiplexer), immediatamente sopra il livello IrLAP e responsabile della creazione di più canali logici tra i dispositivi master e slave per il trasferimento dei dati;
  • LM-IAS (Link Management Information Access Service), che fornisce un registro di servizi integrabile e accessibile tramite query. Dato che l'IrDA supporta moltissimi protocolli, a livello tre hanno messo questo meccanismo in cui il master chiede allo slave - con una query - quali sono i servizi che supporta (trasferimento seriale, audio, ...).

Iniziamo ora una rapida carrellata sui protocolli opzionali che sono sopra i tre obbligatori:

  • Tiny TP (Tiny Transport Protocol). Corrisponde al livello 4 delle pile ISO/OSI e si occupa del trasferimento dei dati tramite SAR (Segmentation and Reassembly, segmentazione e riassemblaggio): i file trasmessi vengono suddivisi in pacchetti di ridotte dimensioni (per migliorare la velocità di trasmissione e ridurre la perdita di dati) che il ricevitore assembla tra loro ricostruendo il file originario. Controlla inoltre il flusso dei dati assegnando le priorità ad ogni canale logico;
  • IrCOMM (InfraRed Communications Protocol). E' un protocollo opzionale molto diffuso che permette ad un dispositivo infrarossi di agire (leggere o scrivere dati) come una porta seriale o parallela;
  • IrOBEX (InfraRed Object Exchange) è un protocollo opzionale che permette lo scambio di oggetti dati (ad esempio vCard, vCalendar o altri formati) tra dispositivi. E' particolarmente interessante perché è stato definito nell'IrDA ma è ripreso pari pari nel Bluetooth proprio per la sua validità. Si posiziona sopra al protocollo Tiny TP, che è quindi necessario abilitare per il funzionamento di IrOBEX;
  • IrLAN (InfraRed Local Area Network) è un protocollo opzionale che permette di connettere un dispostivo a raggi infrarossi con una rete locale in tre modi: Access Point, Peer-to-peer, Host. Si posiziona anch'esso sopra il protocollo Tiny TP, che è quindi propedeutico anche per IrLAN;
  • altri.. col tempo si sono fatti prendere la mano e ne hanno fatti una caterva, ma probabilmente non si fida nessuno ad utilizzarli.

Forse tutti questi protocolli avrebbero avuto una vita più lunga se non fosse arrivato il Bluetooth a soppiantare il livello fisico.

RFID

Uno dei primi problemi da affrontare in una comunicazione wireless è come capire se il trasmettitore e il ricevitore sono davvero quelli che dicono di essere. E' un problema nuovo, che in una comunicazione via cavo non si pone perché i due dispositivi sono fisicamente connessi tra loro.
Il problema è stato affrontato mettendo in campo diverse strategie, una delle quali è l'assegnamento di identificativi univoci ai dispositivi wireless. Questa operazione apparentemente improba è in realtà piuttosto semplice e collaudata, dal momento che dietro quasi tutti gli standard (IrDA, Bluetooth, Wi-Fi, ...) ci sono dei consorzi universalmente riconosciuti, che distribuiscono - dietro pagamento - ai costruttori di dispositivi che ne fanno richiesta, dei codici univoci. Se ad esempio per ogni componente è associato un identificativo di 64bit, i primi 10 sono assegnati dal consorzio e caratterizzano univocamente il produttore, mentre i rimanenti sono utilizzati in autonomia da questi ultimi. Questa tecnica (la stessa dei MAC Address sulle schede di rete) dovrebbe garantire che non ci siano sul pianeta due dispositivi con lo stesso id per un certo standard di trasmissione. Un altro vantaggio indiretto è che se succede un casino con un prodotto riusciamo subito a risalire al produttore, aspetto su cui torneremo meglio dopo.

Benissimo, ora che abbiamo un codice univoco che identifica il mio componente elettronico, che me ne faccio? Come lo associo all'altro componente con cui deve comunicare? Nella maggior parte dei protocolli sono definite delle procedure che effettuano questa associazione, ad esempio con il master della comunicazione che si ricorda l'id del componente con cui sta parlando. E' quello che succede quando colleghiamo un auricolare Bluetooth al nostro cellulare: chiediamo al telefono di fare una discovery dei dispositivi accesi in zona, e quando lo trova ci chiede se vogliamo associarlo; se rispondiamo di sì non ci verrà più chiesto di ripetere l'operazione di conferma, perché il master si sarà memorizzato sulla sua memoria flash l'identificativo dell'altro.

Il problema di sapere con chi sto parlando è un problema serissimo, e se è già critico per collegare le cuffie a un cellulare figuriamoci in applicazioni industriali. La tecnologia RFID (Radio Frequency IDentification) è uno dei sistemi wireless per l'identificazione automatica di oggetti, animali o persone. Prima di entrare nel merito, vediamo qualche caso di utilizzo:

  • la tessera per entrare nel parcheggio dell'università, contiene un'identificativo RFID (in genere si chiamano tag RFID, o semplicemente tag);
  • il telepass;
  • il tracking degli animali con tag impiantati sotto pelle, totalmente innocui (e in teoria obbligatori);
  • il monitoraggio della movimentazione delle merci all'interno di un magazzino;
  • la scansione dei pezzi che passano sulle linee di produzione industriale;
  • il controllo delle presenze e degli accessi a determinate zone;
  • il monitoraggio della logistica delle risorse belliche o comunque militari;
  • utilizzo classico: l'operatore di magazzino che identifica una merce con il suo lettore portatile di tag.

Tag RFID

Il sistema RFID si basa sulla lettura a distanza di informazioni contenute in un tag RFID, usando dei lettori RFID. I tag RFID sono in genere composti da un microchip (che contiene l'id) e un'antenna per comunicare. Esistono diversi tipi di tag:

  • tag passivi: sono oggetti in latenza perenne, che non fanno niente a meno che non vengano irradiati dall'antenna di un lettore RFID. Le onde trasmesse da quest'ultima li fanno eccitare per induzione, assorbendo quel minimo di energia che serve per svegliarsi e spedire il proprio identificativo. Il tag passivo quindi non ha fonti di alimentazione interna, ma trae l'energia per attivarsi dall'onda radio emessa dal dispositivo che lo interroga. Ad esempio la tessera del prof per accedere al parcheggio contiene un tag passivo: ci sarà un microchip tra i due strati di plastica della tessera, insieme ad un'antenna un po' più estesa costituita da un foglio di rame sottilissimo. Questa tessera rimane spenta tutto il giorno tutti i giorni, a meno che non la si avvicini all'antenna all'ingresso del parcheggio, che la attiva (con un tempo di start-up molto breve, dell'ordine dei millisecondi) facendosi comunicare l'id; il resto della procedura la porta avanti l'elaboratore collegato all'antenna, che verificherà nel database se all'id ricevuto è associato un utente abilitato a entrare, e nel caso farà in modo di alzare la sbarra. Perché un tag passivo si attivi bisogna avvicinarlo molto all'antenna, o non riuscirà a ricevere abbastanza energia (quello del parcheggio in università funziona bene sui 2cm di distanza, sui 5cm è meno garantito, oltre i 10cm ciao);
  • tag attivi: sono dotati di una propria alimentazione, impiegata per alimentare i circuiti integrati e per trasmettere il segnale di risposta al lettore. Tale metodo di comunicazione è generalmente più affidabile (minor numero di errori) rispetto a quello con tag passivi, poiché i tag attivi possono avviare una sessione con il lettore. Ad esempio il telepass contiene un tag attivo, che aiuta la trasmissione dell'identificativo (eccitare per irradiamento un tag passivo che passa a tre metri del lettore e per giunta a circa 30km/h, significherebbe usare un'antenna così potente che probabilmente braserebbe il conducente);
  • tag semiattivi: sono alimentati da batterie solo per mantenere attiva la parte circuitale interna, mentre per l'irradiazione utilizzano una parte dell'energia ricevuta dall'onda radio che trasmette anche le informazioni.

Alcuni tipi di tag possono avere potenza di calcolo, e quindi montare un vero e proprio sistema operativo che permetta ad esempio di raggiungere velocità di trasmissioni maggiori, instaurare sessioni, crittare gli identificativi trasmessi, eccetera.

Ambiti di applicabilità

Gli ambiti di applicabilità di una tecnologia RFID sono molto ampi, soprattutto ora che nel mondo c'è un'esigenza sempre più grande di tracciare la provenienza e il tragitto di qualsiasi prodotto (dal ciclo di produzione della mozzarella campana, alla movimentazione degli armamenti bellici). Si tratta di un problema particolarmente sentito soprattutto per quanto riguarda generi alimentari o farmacologici. Ad esempio oggi l'ossigeno che arriva sopra la presa di un letto di ospedale è considerato un farmaco, e come tale deve seguire tutte le normative dei farmaci; quindi dovrò sempre sapere a quale lotto di produzione appartiene ogni boccata d'ossigeno, così come so in quale stabilimento è stata prodotta una confezione di aspirine e in quale lotto. Il motivo per cui è importante è evidente: se ci accorgiamo che un certo lotto è avariato dobbiamo essere in grado di risalire il più velocemente possibile a tutti gli altri prodotti realizzati insieme ad esso e già in commercio, così da poterli ritirare dal mercato. Nel mondo reale realizzare tutto questo è un casino, ma allo stesso tempo è un'esigenza ineliminabile e sempre più sentita.

Alcune di queste applicazioni fino ad ora venivano fatte con i codici a barre (bar code), una tecnologia molto solida e che funziona ancora benissimo, grazie soprattutto a vari accorgimenti come una pesante ridondanza delle informazioni che li rende molto robusti agli errori (ad esempio sono sempre riportati anche i numeri identificativi corrispondenti, così che l'operatore umano possa utilizzarli nel caso in cui lo scanner non riconoscesse il bar code). Ancora oggi molta logistica nei magazzini si fa coi codici a barre. L'unico difetto rispetto alle tecniche RFID è che i bar code per essere letti devono essere puntati, mentre i primi basta che entrino nel raggio di azione delle antenne; ciò vuol dire che anche se gli oggetti sono messi alla rinfusa, saranno comunque letti.

Standard RIFD e applicazioni

Esistono diversi tipi di tag RFID, alcuni dei quali disciplinati da standard ISO. A costo di ripeterci, accanto ad ogni standard metteremo le principali applicazioni:

  • 125/134 kHz (passivo). Applicazioni: tracciabilità animali domestici e di allevamento (cani, mucche, ...), apertura serrature (settore alberghiero e controllo accessi);
  • 13,56 MHz (passivo). Applicazioni: standard ISO 15693 per la tracciabilità (alimentare, prodotti, ...), borsellini elettronici non bancari (villaggi vacanze, discoteche, ...); standard ISO 14443 (ad alta sicurezza) per carte bancarie, tessere documenti di identità elettronici, titoli di viaggio elettronici;
  • 868/915 MHz, o UHF (passivo/semiattivo/attivo). Applicazioni: standard ISO 18000 per la logistica sia interna che esterna d'azienda;
  • >2,4 GHz, o Ultrawide band (passivo/semiattivo/attivo). Applicazioni: mobilità (telepass e similari) e interporti.

Purtroppo questi standard cambiano a seconda dei vari paesi in cui sono applicati, perché molte frequenze sono ancora riservate per usi militari, anche se in realtà non sono più sfruttate. Un processo di unificazione potrebbe contribuire a un’ulteriore accelerazione nell’adozione su scala globale degli RFID.

Nei primi due standard l'accoppiamento è di tipo induttivo (in realtà lo è fino ai 30 MHz), e ci sono quattro sottostandard che dipendono dalla distanza a cui devono trovarsi i dispositivi perché funzionino (si arriva anche ad un metro di distanza, che è un buon valore per un tag passivo). Al di sopra dei 30 MHz l'accoppiamento diventa radiativo, ed è molto utile per il funzionamento in ambienti molto grandi (tag passivi possono trovarsi anche a diversi metri per essere rilevati e comunicare, quelli attivi a decine di metri, fino a 200m in campo aperto).

Altre caratteristiche dell'RFID in base alle frequenze a cui trasmettono:

  • < 135 kHz: elevata potenza disponibile, basso consumo, trasmissione lenta, tag di dimensione molto ridotta, ma problemi di ricezione se vicini a materiali metallici. Quest'ultimo aspetto è molto importante: dato che l'energia irradiata viene normalmente assorbita dai metalli, utilizzare un tag passivo per tracciare un oggetto fatto in questi materiali (bombole, container, ...) è sicuramente una scelta sbagliata;
  • 13.56 MHz: banda ISM (Industrial, Scientific and Medical: frequenze radio assegnate per scopi industriali, scientifici e medici) in tutto il mondo, trasmissione veloce (100 kbps), possibilità di crittare la comunicazione;
  • 2.45 GHz, 5.8 GHz: propagazione quasi ottica, forte assorbimento (in materiali ricchi di acqua), bande molto utilizzate (Wlan, Apriporta, radioamatori, ...)

Vantaggi degli RFID

Uno dei vantaggi dell'RFID è che non c'è nessun contatto tra i dispositivi che partecipano alla trasmissione, che quindi non sono soggetti a usura delle parti (cosa che succede invece con le bande magnetiche, che col tempo sono soggette a deterioramento). La lettura poi può essere sia volontaria (con tutte le agevolazioni del caso) che involontaria (difficilmente realizzata con tag passivi, per i motivi che ci siamo già detti).
Il costo di un tag è molto basso, dai pochi decimi di dollaro di quelli applicati sui prodotti commerciali (realizzati in grande quantità e destinati ad essere cestinati con tutta la confezione), a quelli utilizzati per identificare le persone (come le tessere) che possono andare da 1.50€ ai 7.50€ se sono a colori.
And last but not the least, non è richiesto un posizionamento preciso del tag RFID rispetto al lettore: possono essere tanto allineati quanto obliqui o capovolti, l'importante è che il tag si trovi entro il raggio di azione dell'antenna.


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