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Matiz
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Matiz

 :: Matiz ::

La linea aggressiva della nuova Matiz
Dati Tecnici
Inizio produzione: 1998
Cavalli: Al traino
Consumi: 3.4 km/l (in caduta libera)
Optionals: Lettore CD, ruote
Garanzia: Una settimana


Leggenda

In Corea, si sa, le notti sono lunghe e noiose quando non hai una donna né l'elettricità. La notte del 5 gennaio del 1998 era una di quelle, ed il signor Sadong Daewoo non potè praticare la quotidiana seduta di terapia elettroconvulsivante sulla consorte Guyŏk Matiz Taesŏng. La sua angoscia era comprensibile: saltare anche un solo elettroshock poteva avere effetti terrificanti (su di lui. La moglie non ne aveva alcun bisogno). Fu così che la trasportò coatta al Sandro Pong, il più vasto cimitero di automobili dell'Asia Orientale. Due pesanti cavi elettrici gli avvolgevano il braccio destro in fitte spire, mentre col sinistro trascinava il sacco di juta dove Guyŏk Matiz sognava il sogno degli anestetizzati. Trovò con ridicola facilità un varco nella fatiscente recinzione di bambù, e s'incamminò nella necropoli metallizzata alla ricerca di una vettura che facesse al caso suo. Fuochi fatui illuminavano il sentiero, danzando nei fanali delle carcasse meccaniche. Dopo un'ora di estenuante pellegrinare, Daewoo lo trovò: un Mercedes-Benz O305 tripiano, l'autobus più cool dell'intera Germania Ovest (vaglielo a spiegare a un bifolco nordcoreano che la Germania Ovest ormai esisteva solo nei film porno-soft di Bertolucci). Scaricò pesantemente moglie e cavi sui rottami, i secondi con attenzione, e si diresse risoluto verso il vano motore, aprendolo ed eliminando diverse trapunte di ragnatele. Tornò indietro per i cavi e li agganciò ai morsetti della batteria, lasciando che facessero da ponte elettrico tra la moglie e il Mercedes; perché è questo che un uomo deve fare: ponti, non barriere. Dopo un bacio fugace sull'amata fronte, salì sul trabiccolo e lo mise in moto, lasciando che i Volt dell'O305 scorressero terapeutici in Guyŏk Matiz Taesŏng. Mise in folle tutto soddisfatto e si allungò sugli scomodissimi sedili dei passeggeri, sacramentando come un Alpino ad ogni molla che gli schizzava ribelle nel culo. Raggiunta finalmente l'insensibilità dell'osso sacro, si rilassò concedendosi una sigaretta di barbabietola, il suo unico vizio, cominciando a contare mentalmente fino a 500.

Quando riaprì gli occhi era ormai mattina. La mente ancora assonnata, impiegò sei secondi per realizzare dov'era. Altri sei per ricordare perché fosse lì. Uno e mezzo per precipitarsi fuori, in preda al panico, verso la lamiera dove aveva lasciato la moglie a ricaricare. La lamiera c'era, lei no. Al suo posto una macchia color argento e pungente odore di strino. Sadong Daewoo urlò con tutto il fiato che aveva in gola, gettandosi in ginocchio, le mani nei capelli, cosa aveva fatto? cosa aveva fatto? Baciò le bruciature come fossero reliquie e inondò di lacrime il metallo. E fu in quel momento che lo udì. Nel silenzio. Inaspettato. Ridicolo. PEE. Alzò gli occhi, stranito. PEE PEE. Si guardò intorno, con una smorfia. PEE PEE PEE. Si voltò: alle sue spalle era comparsa un'automobile, piccola, blu, vuota e con qualche ammaccatura. PEEEEEEEEE. Era un clacson allora. Beh, buffo, pensò. Si avvicinò, con diffidenza. Toccò la carrozzeria con la punta delle dita e giurò di aver visto la macchina vibrare al contatto, colorandosi leggermente di rosso. PE PE PE PEEEEE. Aprì la portiera, come in trance, controllò che dietro i sedili non ci fosse nessuno, e si sedette. Si guardò intorno e notò il ciondolo che dondolava dallo specchietto retrovisore: ne aveva regalato uno identico a Guyŏk Matiz anni prima. Al ricordo gli occhi gli si riempirono di lacrime. Singhiozzò ancora per qualche minuto, in silenzio, esalando sbuffi di condensa più densi ad ogni respiro. L'aria nell'abitacolo diventava sempre più fredda. Smise di piangere e tirò su forte col naso, immobilizzandosi di colpo, la testa sollevata a metà e un'espressione pensosa sul viso. Aveva sentito un odore familiare. Non gli veniva in mente quale, ma gli era familiare... era un buon profumo... una fragranza occidentale... ciannè, scianel, come si chiamava? sua moglie andava matta per quella roba... ricordò che quando a Natale le regalò il boccettino, lei gli giurò che... Sadong sgranò gli occhi.

"NON E' POSSIBILE!"

La porta si richiuse da sola, sbattendo, e i finestrini con essa. Sadong provò a riaprirla, ma le chiusure erano scattate. La radio si accese su frequenze disturbate. Rumori stridenti. Rumori di scarica. Il lavacristalli pompò fiotti viscosi di liquido grigio sul lunotto. L'orologio digitale segnava incandescente le ore "AC:DC". I pedali erano bloccati. Il volante era bloccato. Il cambio rigido come il corpo del coreano. Il volume della radio aumentava. Il tettuccio sanguinava cenere. Mani invisibili mossero le cinture, ad abbracciare la gola dell'uomo. Lui non provò nemmeno ad opporsi, forse per paura forse per giustizia. Ma le cinture stringevano e la vita si allentava. Poi il ciondolo esplose. La radio esplose. I vetri in pezzi. Il sangue di Sadong Daewoo si unì a quello ferrigno dell'auto. Il motore rombò tre volte e tre volte grippò, in una risata a scoppio che soffocava con lui. Infine una scintilla, una supernova di metallo e la macchina scomparve.

Non siete costretti a credermi, io stesso non mi crederei. L'uomo che mi ha raccontato questa storia è morto ormai da anni (ironia della sorte, proprio a causa di un incidente stradale), e voi siete gli unici a conoscerla insieme a me. Ma ancora oggi, nelle afose notti estive, la veglia degli insonni è spesso turbata dall'echeggiare sinistro di un PEE nelle tenebre. E qualche vagabondo giura di aver visto una sudicia macchina blu aggirarsi per le campagne, seguendo le linee dell'alta tensione. Si muove a fari spenti, silenziosa, guidata da uno spettro. Mi sembra di vedere il riflesso argentato sulla sua carrozzeria. Nitido. Abbagliante. Una scritta. Un nome. Matiz.

Buh!


caGate